Della decisione dell’Amministrazione Comunale di sospendere il progetto “Dea Minerva”.
La decisione dell’Amministrazione comunale di Savignano sul Panaro di sospendere il conferimento ai compattatori della plastica come previsto dal progetto “Dea Minerva” , attivo da ormai otto anni, ha destato diverse critiche e molte perplessità, in ragione del riscontro ottenuto presso tanti cittadini e dei risultati ottenuti.
Non sono mancate, ovviamente, anche posizioni diverse, alcune delle quali hanno sottolineato la scarsa trasparenza manifestata dall’Amministrazione precedente.
Poiché già ai primi di luglio (parliamo ormai di DUE MESI fa, non di una settimana) in un’intervista l’Assessore competente accennò alla scarsa trasparenza assicurandoci aggiornamenti, ci pare che la questione stia assumendo aspetti, di metodo e di merito, davvero spiacevoli.
Specie se si considera che dopo quell’articolo e altri interventi dello stesso tenore, come se niente fosse, si auspica un dialogo. Della serie: prima apro le ostilità, poi dico che vorrei il confronto, perseverando pari pari nell’atteggiamento assunto in campagna elettorale.
Vediamo allora di ricapitolare.
Il progetto Dea Minerva nasce, nella prima legislatura della giunta guidata da Germano Caroli, all’interno di una riflessione al cui centro ci sono:
a) l’economia circolare; quindi la volontà di sottrarre plastica agli inceneritori. E’ una questione di scelta basilare, legata al tema della salute dei cittadini e del territorio;
b) la volontà di offrire opportunità di lavoro a chi è colpito dalla crisi o versa in condizioni di difficoltà;
c) la presenza di un regime di monopolio nella gestione dei rifiuti;
d) il tentativo di coinvolgere nell’operazione aziende locali attive e innovative nel settore.
Tornando al merito della polemica, è risultato manifesto che il problema resta quello che già abbiamo segnalato: la sostenibilità economica e la volontà politica. Superate d’un balzo e a tre mesi dalle elezioni le tanto decantate 4R. Meglio affidarsi alle pillole ambientali e alla buona volontà.
Si è infatti arrivati a sostenere che un progetto che ha una chiara valenza ecologista, che deve utilizzare persone preparate e che dopo alcuni anni di sperimentazione ha evidenziato la necessità di doversi affidare ad un’organizzazione assolutamente non casuale e metodica, avrebbe senso solo se affidata al volontariato.
Noi siamo di un’altra idea. Almeno per due ragioni.
La prima è che siamo convinti che i servizi di rete dovrebbero essere a tutti gli effetti pubblici, orientati sul cittadino e non sul profitto atto a richiamare azionisti che investono per un proprio tornaconto personale, legittimo, ma poco accettabile stante la fonte del provento e la ricaduta di certo non positiva sull’utente.
La seconda, altrettanto cogente, è che siamo contrari che il lavoro volontario diventi sostitutivo del lavoro retribuito. Tant’è che, dopo alcuni anni di sperimentazione, avevamo avanzato la richiesta che si provvedesse a superare tale anomalia. Anche di ciò siamo grati a Germano Caroli e ai suoi collaboratori che attraverso la Cooperativa di Comunità si sono mossi in tale direzione.
Nota a margine: se qualcuno pensava che avremmo con ciò risolto i problemi di sofferenza finanziaria delle Scuole è decisamente fuori strada. Non l’abbiamo mai sostenuto; sono almeno trent’anni che i genitori devono sostenere spese per fotocopie, carta igienica e molto altro; non ricordiamo ordini del giorno dell’opposizione su questa grave deficienza, neppure ne ricordiamo sulla chiusura dell’esperienza del tempo prolungato alle Scuole Medie .
Da liberi cittadini, capaci di piccole, ma reali, azioni di cambiamento, vogliamo passare da un’economia estrattiva a un’economia generativa. Su questa teniamo il punto.
Altri, sedicenti liberi cittadini, sembrano molto condizionati da logiche che con la “rivoluzione verde” hanno poco a che fare.